Il Territorio

Grazie alla sua ubicazione Alà dei Sardi costituisce un opportuno punto di partenza per le numerose escursioni che si consigliano nel territorio.
Il territorio di Alà è vastissimo: ha una estensione complessiva di ettari 18.600, di cui 9.400 appartenenti al comune e 9.200 di proprietà privata. Nel territorio pascolano circa 2.000 bovini, 50 cavalli, 6.000 ovini, 2.000 caprini e 500 suini. Su tutto il vasto territorio alaese continua anche oggi la benefica pioggia delle tre manne; ghianda, miele e sughero.
Ad Alà dei Sardi, ricco di flora, le api producono una gran quantità di miele vergine, di spremitura e centrifugato, dolce o amaro. La rinomata specialità sarda del miele amaro, cereo o ambrato, a seconda del pascolo, era conosciuta anche dai Romani.
Anche la ghianda per il popolo alaese, è una manna. L’achenio semplice, secco, ovale, racchiuso alla base da una, copuletta legnosa, contiene zucchero, amido, gomma, acido tannico. Torrefatta sviluppa un principio amaro e si usa come succedaneo nel caffè. E’ alimento gradito ai maiali e si usa anche in conceria
La manna più redditizia piovuta dal cielo in territorio di Alà, è il sughero, che vi abbonda in gran copia ed è di ottima qualità. Si pone in commercio previa bollitura e si vende a caro prezzo. E’ usato per turaccioli, rivestimenti, linoleum, come importante tessuto di difesa cicatrizzante, impermeabile ai liquidi e ai gas.
Per il popolo alaese, industrioso e parco, questi prodotti provvidenziali: miele, ghianda e sughero sono realmente manne piovute, con prodigalità dal cielo.
Gli alaesi, dediti ai lavori campestri, traggono i mezzi di vita anche dall’industria del carbone e dai folti ed intricati ginepreti di « Fundone » e « Sa Punta e Palmas », lambite dal rio « Saragone ». Da queste ultime piante si ricavano i pali per sostegno delle viti, che vengono smerciati con forti guadagni in tutta la provincia.
La coltura predominante è quella del grano che da buoni prodotti specie nelle fertili zone di « Binza e Maltu » (vigna di marzo) « Sos Paris» (le pianure) de « Santu Franziscu » e « Sa tanca noa ».Diffusa in parte è anche la vite, però il vino è insufficiente al consumo locale.
Le zone vicine al paese verdeggiano di pampini, e di alberi da frutta. Il cardine dell’economia rurale di tutto il territorio è giustamente fondato sul bestiame da latte che utilizza nel modo migliore la produzione foraggera propria del paese.
Le vacche producono abbondante latte, dal quale oltre il formaggio, «su brotzu» (ricotta), «latte ìschidu» (yogurt), si confeziona il burro, e forniscono carne tenera e saporita.

Tra i due paesi di Alà e di Monti, la campagna, occupata dalla massa granitica, accidentata e sconvolta, è ricca di precipizi scabrosi, di tane, di buche, di cavità e di fosse, asili sicuri, di selvaggina nobile e la località adagiata su prati che odorano di muschio è spezzettata da piccole proprietà.
Tra Monte Olia e Badde Suelzu, fino a Sas Trozzas abbondano i mufloni ed i cinghiali. Tutto intorno si notano vette, valli, valichi, punti di vista, luoghi noti o ignoti che costituiscono seducenti richiami.
Nel territorio di Ala, sparsi a qualche distanza l’uno dall’altro, si trovano i piccoli « stazzi » (frazioni) di Bolostiu, Carruzzu, Badde ‘e Suelzu, Boldia, Battau, Codina, Filu e Lépere, Sos Sonorcolos, Giuanne Ispina, Margaridas, Iscala Pedrosa, S’Arroccu, S’Aldu Pinzone, ecc. Sono distretti, raggruppamenti di piccole casette a pian terreno, abitate da pastori e da contadini, semplici ed ospitali, che menano una vita patriarcale, lontani dai rumori del mondo.
Alle falde dei monti Senalonga (m. 1076), Giammaria Cocco (m. 1.035) e Alzarò (m.1.001), che appaiono in tutta la loro massiccia ricchezza di rilievi serpentinosi, in parte spogli e ferrigni, affiorano ruderi di capanne, per chi, come sperduto viveva in esse di prodotti naturali del suolo. Attorno saltellano di balza in balza, numerose capre, dalle corna a falce, ricurve in dietro, pelo lungo e liscio e barba al mento si dice che la capra sia simbolo di stolidità.
Tra Alà e Torpè possiamo ammirare l’incantevole foresta demaniale di Sos Littos – Sas Tumbas. Il percorso offre una gamma di panorami meravigliosi che si dispiegano con continuità varia e prodigiosa sotto lo sguardo del visitatore. Ai fianchi della strada si notano alberi coniferi e ombrelliferi, ad alto fusto, con sottobosco formato di intricati e spesso spinosi arbusti. La foresta è solcata dal Rio di Posada che trae le sue origini dal monte Sa Pianedda. Il fiume è ricco di trote, se ne pescano lunghe e grosse del peso anche di tre chili. Sono molto pregiate e squisitissime.
La caserma è situata quasi al centro del parco. Il sito non poteva essere migliore. Il posto è meraviglioso per le bellezze della natura che si volgono attorno a chi guarda.
In mezzo al frastaglio di variamente accidentate vette, fra la cupa ondulazione di minori monti che degradano, vegetano rigogliosi e alla rinfusa, alberi di pini, di quercia rovere, di sughero, di elci, di ginepri, di olivastri, di olivi e di folti arbusti di ginestra, di erica, di scopa, ecc. Non manca il fichereto e i fichi d’India.
In mezzo alla deliziosa poesia del parco che si alimenta di solitudine, vive indisturbata la selvaggina. II gatto selvatico, robusto, grigio brunastro, con striscia dorsale e macchiettatura traversa e coda lunga. La faina più piccola del primo con larga macchia bianca sotto il collo e nel petto. La donnola dal tronco allungato, robusto, bruno rossiccio sul dorso, bianco sul ventre e coda breve. La martora la cui pelliccia fitta, lucente e morbida è ricercata specialmente nelle regioni settentrionali. E’ abilissima saltatrice, arrampicatrice e nuotatrice.
L’aquila rapace dal volo potente, di color bruno nero, con testa e collo color bruno ruggine e rivestita di piume acuminate. Il cinghiale, o porco selvatico, con lunghe setole che formano sulla nuca e sul dorso una sorta di criniera, con denti canini triangolari che sporgono dalla bocca e s’incurvano in alto.